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DANIELA DE PAULIS Tre domande | Three questions

Elena Abbiatici | 02/05/2012

E.A. Qual è il tuo processo di creazione? Parti da un’immagine, un’idea o altro?

La cosiddetta ispirazione per me di solito inizia quando una serie di idee inizialmente random convergono in una immagine pulita. E’ il punto di partenza di un processo che può durare molto tempo, anche anni. In questo caso l’opera diviene qualcosa di più di un progetto che nel mio caso conduce a cambiamenti di vita e a domande radicali su metodologie e strutture concettuali precedentemente utilizzate. Raccolgo le idee in molti modi differenti ma specialmente attraverso la ricerca in campi specifici come Scienza, Fantascienza, Architettura.

E.A. Ci sono influenze interdisciplinari importanti nei tuoi video? Per esempio musica, cinema, pittura?

Per realizzare i miei video collaboro spesso con sounds artists, e anche quando utilizzo un suono d’ambiente questo è accuratamente selezionato per le immagini in movimento. Nel mio più recente pezzo ’le Voyage dans la Lune’  - titolo chiaramente ispirato al  film di Méliè del 1902 – ho utilizzato immagini precedentemente inviate sulla Luna e reinviate utilizzando una tecnologia che ho personalmente sviluppato durante la mia residenza a Dwingeloo radio telescope in The Netherlands. Per questo film ho utilizzato una partitura sonora fornita da JAXA, the Japanese Space Agency: la musica in questo caso è la ‘sonorizzazione’ della tipografia della Luna, differenti toni corrispondono infatti all’alta o bassa crescita della superficie lunare.

E.A. Quali videomakers o registi vi hanno influenzato?

Sono molto ispirata dai primi pionieri della fotografia e del video, così come gli artisti concettuali degli anni ’60 come Robert Smithson e i film – maker contemporanei che lavorano in una dimensione a cavallo tra finzione e documentario come Werner Hergog, che è uno di loro.

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E.A. What is your creation process? From an image or an idea? Or from other?

The so-called inspiration for me usually starts when a series of initially random ideas converge into a clear picture, the starting point of a process that can last longtime, at times years. In this case the art work becomes more of a project which in my case can lead to life changes and to radical questioning of methodologies and conceptual framework previously used. I gather ideas in many different ways but especially through researching into specific topics, such as Science, Science Fiction and Architecture.

E.A. There are some very important interdisciplinary influences in your videos? For example music, cinema, painting?

For the making of my videos I often collaborate with sound artists or, even when I use environmental sound, this is always accurately selected for the moving images. In my most recent piece, ‘le Voyage dans la Lune’ – title clearly inspired by the 1902 Méliès film – I used images that I previously sent to the Moon and back using a technology I personally developed during my residency at Dwingeloo radio telescope in The Netherlands. For this film I used a sound score provided by JAXA, the Japanese Space Agency: the music here is the ‘sonification’ of the topography of the Moon, different pitches correspond in fact to high or low rise of the Lunar surface.

E.A. Which videomakers or filmmakers have influenced you?

I am very inspired by early photography and film pioneers, as well as 1960s conceptual artists such as Robert Smithson and contemporary film-makers, working between the fields of fiction and documentary, Werner Hergog being one of them.

IMAGE CREDIT: Daniela De Paulis, Le voyage dans la Lune, 2012, stillvideo

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RONI LANAV & HAIDI MOTOLA | Fire Works | 2009 | 4’59″

Elena Abbiatici | 08/02/2012

ITA / ENG scroll down

RONI LANAV & HAIDI MOTOLA, Fire Works, 2009, 4’59 | Courtesy of the artists

C’è una famiglia che da cinque generazioni si dedica all’arte dei fuochi d’artificio, l’azienda Grucci, la più vecchia e rinomata d’America in tale settore. Fra gli esponenti della quinta generazione c’è Felix, manager genio del computer, ideatore di un software capace di costruire immagini a mezz’aria, programmandone e monitorandone via computer lo scoppio di ogni granata al momento e all’ altezza giusti, evitando la ricaduta dei lapilli sul pubblico. I “fuochi Grucci” hanno illuminato l’inaugurazione dei presidenti americani, le Olimpiadi, summit economici, fiere mondiali e supportato le operazioni artistiche dell’artista cinese Cai Guo-Qiang, producendo, fra gli altri, nel 2003 l’arcobaleno sopra l’ East River a New York, per l’ apertura del nuovo museo MoMa nel Queens. Ci sono fuochi tuttavia, che si sottraggono alla computerizzazione e alla logica della spettacolarizzazione. Sono quelli proposti da Roni Lanav e Haidi Motola nel video Fire Works (2009), fuochi che mascherano il malessere della terra di Israele e, camuffandone la contraddizione socio-politica intrinseca, la espongono. La veste di un paese festoso cela una realtà di guerre e rivalità, di bombardamenti su Gaza – la “colonna sonora” del video in analisi. Henri Cartier-Bresson sosteneva, seppur nell’ambito di un contesto diverso, che il potere di una singola immagine esprime l’essenza delle cose infinitamente meglio di qualsivoglia parola. In un cielo “elettrizzato” gli artisti mettono in gioco il potere illusorio dell’immagine nel feticismo malato di questa nostra generazione e spingono a prestare attenzione alla grammatica fonetica, per costruire con la percezione e la coscienza una realtà sovrastante, che – forse – è quella più verisimile, e a sondare l’impenetrabilità dell’apparenza.

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There is a five generations family dedicated to the ‘fireworks art’, Grucci’s company, the oldest and most renowned of America in this field. Among the exponents of the fifth generation is Felix, manager and ‘computer genius’, creator of a software capable to build images in mid-air, to program and monitor via computer each grenade outbreak at right moment and height, to avoid relapse lapilli on the public. The “Grucci fireworks” illuminated the inauguration of U.S. presidents, the Olympics, economic summits, world fairs and supported the Chinese artist Cai Guo-art Qiang, producing, among others, in 2003 the rainbow over the East River in New York, for the opening of the new MoMA in Queens. There are fires, however, which are fleeing from computerization and the logic of the spectacle. These are proposed by Roni Lanav and Haidi Motola in the video ‘Fireworks’ (2009), fires that mask the discomfort of Israel, the contradiction inherent socio-political, exposing them. The mask of a festive country hides a reality of war and strife, war on Gaza – the “soundtrack” of the video. Henri Cartier-Bresson claimed, although in a different context, that the power of a single image expresses the essence of things infinitely better than any word. In a sky “electrified”, the artists question the illusive power of the image in sick fetish of our generation and push to pay attention to grammar, phonetics, to build with perception and consciousness another reality, which – perhaps – is the most probable, and to touch the impenetrability of appearance.

Read VideoPILLS Interview to Roni Lanav & Haidi Motola

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RONI LANAV & HAIDI MOTOLA Tre domande | Three questions

Elena Abbiatici | 11/01/2012

ITA/ENG (scroll down)

Roni Lanav & Haidi Motola, Fire Works, 2009, 4’59″, videostill

E.A. Qual è il vostro processo di creazione? Partite da un’immagine, un’idea o altro?

R.L & H.M. Dal momento che lavoriamo insieme e non individualmente, ci influenziamo a vicenda, così, le nostre opere passano attraverso un lungo processo di dialogo e un discorso profondo. Conduciamo molte ricerche in merito all’oggetto delle nostre opere. In generale, i nostri lavori partono sempre da un’idea, da un concetto. Ci sono anche opere che partono da una chiara immagine che si traducono in parole, in un’idea, e poi di nuovo in un’immagine forte principale.
Fire works in particolare fa parte di un più ampio progetto sulla memoria collettiva e sul nazionalismo nella società ebraico israeliana. I fuochi d’artificio sono un’immagine forte e intensa -parte di una cerimonia, in cui ci si riunisce per guardarli, dal fascino unico. Ma c’è anche un altro lato. Lo stesso materiale esplosivo è usato per fare le bombe, per uccidere. L’altro lato sono i palestinesi – la colonna sonora è dei bombardamenti su Gaza. Il giorno stesso di celebrazione è anche il giorno della memoria, memoria di un disastro, della Nakba.

E.A. Ci sono influenze interdisciplinari importanti nei vostri video? Per esempio musica, cinema, pittura?

R.L & H.M. Prima di tutto, siamo influenzati dalla realtà politico-sociale in cui viviamo. Questo è ciò che ci spinge a lavorare, per affrontare le situazioni. Non è la interdisciplinarietà in sé o qualsiasi disciplina particolare, del resto, la questione centrale. Sono il concetto, le idee e il processo che si innesca e determina il mezzo (o il medium). Proveniamo entrambi dalla fotografia e dal video, che ci influenzano largamente, restando sempre aperti ad altri campi, dal documentario alla poesia e alla musica.

E.A. Quali videomakers o registi vi hanno influenzato?

R.L & H.M. Per Fire Works in particolare – Eyal Sivan, Jean Luc Godard, Yael Bartana, e poi…molti altri.

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E.A. What is your creation process? From an image or an idea? Or from another?

R.L & H.M. Because we work together and not individually, we are influenced from each other, thus, our works go through a long process of a dialogue and a deep discourse. We always read a lot of researches regarding the subject of our works. In general, our works always start from an idea, from a concept. There are also works, that start from a clear image which we translate to words, to an idea, and then back again to a stronger based image.
Fire works specifically is part of a larger project about collective memory and nationalism in the Israeli-Jewish society. The fire works are a strong and meaningfull image-part of a ceremony, we gather to watch them- a unifing fascination. But there is also another side. The same explosive material is used to make bombs, to kill. The other side are the Palestinians – the soundtrack is from the bombardments on Gaza. The same celebration day is also a memorial day, memorial of a disaster, of the Nakba.

E.A. There are some very important interdisciplinary influences in your videos? For example music, cinema, painting?

R.L & H.M. For first, we are influenced from the social-political reality we live in. That’s what derives us to work, to deal with. It is not the interdiciplinarity in itself or any specific dicipline, for that matter, the issue. It’s the concept, the ideas and the process that leads us and determines the medium (or mediums). We both come from photography and video, so within the art field we are largely influenced from both, but open also to other fields, from documentary to poetry and music.

E.A. Which videomakers or filmmakers have influenced you?

R.L & H.M. Specifically to this work – Eyal Sivan, Jean Luc Godard, Yael Bartana, and many more.

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RAFFAELLA CRISPINO | UNTITLED (Israel) | 2009

Elena Abbiatici | 19/12/2011

Raffaella Crispino, UNTITLED (Israel), 2009, video HDV 16:9, b/n, suono, 12’00”, extract
Courtesy dell’Artista e 1/9unosunove arte contemporanea, Roma

Un aquilone in cielo, le note di “The Voice of Peace”, la radio libera su una barca al largo di Tel Aviv, e poi le porte girevoli del check point. Un susseguo di immagini desaturate raccontano Israele, nel suo fascino architettonico-paesaggistico che rapisce i turisti e nella quotidianità agiata di uomini e donne che praticano sport sulla spiaggia di Tel Aviv. Israele, terra di mascheramento, contraddizione, divisa fra realtà e rappresentazione; paradigma di paese “schopenhaueriano” per eccellenza. Nulla di più sviante del nome che la distingue, Terra Santa. Un’apparenza serena, anzi radiante, limpida, festosa, è il velo di Maya sotto il quale aleggia una realtà sociale cupa, inquieta, angosciante. E intanto il suono distorto del gioioso jingle della radio stessa ci sussurra le proibizioni, le barriere, gli scontri intestini di cui questo paese si porta il carico. Perché ogni cosa è se stessa, ma anche un’altra.

Leggi la PILLS Interview a Raffaella Crispino

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RAFFAELLA CRISPINO | Tre domande

Elena Abbiatici | 23/11/2011

Raffaella Crispino, UNTITLED (Israel), 2009, 12’00″, videostill

Courtesy dell’Artista e 1/9unosunove arte contemporanea, Roma

E.A. Qual è il tuo processo di creazione? Parti da un’immagine o da un’idea? O da altro?

R.C. In generale il mio lavoro nasce sempre da un approccio diretto alle cose, alle storie, alle situazioni. Mi circondo di storie, di persone, di libri, di vita e paesaggi. Sono ispirata dalla ricerca del senso delle cose legato al suo aspetto umano, non da un punto di vista solo mentale, ma al contrario, mi piace coinvolgermi e distaccarmi durante la fase di ricerca. Non a caso ogni mio lavoro è pieno di storie e aneddoti. Attraverso le mie opere cerco di spiegare a me stessa questo mondo, di creare una memoria per le cose che mi attraggono e che mi sfuggono ed esprimere un astratto che non passa semplicemente attraverso me, ma attraverso tutto. E quando finalmente percepisco questo, ho trovato quello che cercavo.

E.A. Ci sono delle influenze interdisciplinari molto importanti nei tuoi video? Ad esempio la musica, il cinema, la pittura?

R.C. Decisamente si, e direi anche di più. Ma non c’è sequenza, o qualcosa di più o qualcosa di meno, e in verità non è sempre così cosciente. L’ispirazione è improvvisa e la ricerca è contemplativa e meditativa, devo essere costantemente in tensione tra queste due cose e reagire creativamente a ciò che non ho programmato. Sono un’artista multidisciplinare e attraverso questa libertà, di idee e di materiali, mi rinnovo attraverso la sfida a potenzialità che non conoscevo. L’opera non è mai distaccata dalla vita, semplice o complessa che sia, nasce in un preciso momento che contiene molto di più di quello che intendevi dire. Dunque sia prima che dopo, in una sola opera, posso percepirne la musica, la pittura, il cinema…

E.A. Quali videomaker o registi ti hanno influenzato?

R.C. Nessuno in particolare anche se è visibile un’educazione a immagini e tematiche ricercate. Onestamente non ho mai preso nessuno come modello poiché non mi è naturale ispirarmi nel lavoro di un altro artista. E anche se tutta quella ricchezza, quella bellezza e quei contenuti sono tutti lì come parte di me, li lascio agire solo in latenza per evitare che possano oscurare la grandezza della mia esperienza.

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RESMI AL KAFAJI | Travelling book | 2009 | 3’14″

Elena Abbiatici | 18/10/2011

Resmi Al Kafaji è stato costretto ad abbandonare il suo paese, l’Iraq, e a mettersi in viaggio per poter dar libera espressione alla propria vena artistica. Come lui moltissimi altri intellettuali, se non vogliono annegare il loro bisogno d’espressione, il loro libero pensiero, devono inevitabilmente migrare. ”Travelling book” traduce per immagini questa necessità. Ci troviamo di fronte a tanti libri/sfera – per metà neri, per l’altra metà riportanti i versi di una poesia araba – che vibrano ad ritmo sempre più dinamico.  E’ un omaggio agli intelletti in movimento, che viaggiano per non vedere sopito il loro diritto d’espressione; che palpitano senza interruzione per arginare le oppressioni loro inflitte, per continuare a sostenere le loro idee.

Leggi anche la VideoPIlls Interview a Resmi Al Kafaji

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RESMI AL KAFAJI Tre domande | Three questions

Elena Abbiatici | 03/10/2011

ITA / ENG (scroll down)


Resmi Al Kafaji, Travelling book, 2010, 3’14″, stillvideo

E.A. Qual è il tuo processo di creazione? Parti da un’immagine o da un’idea? O da altro?
R.A.K. Parto da un’idea che sviluppo nel tempo necessario e poi passo alla progettazione.

E.A. Ci sono delle influenze interdisciplinari molto importanti nei tuoi video? Ad esempio la musica, il cinema, la pittura?
R.A.K. La pittura.

E.A. Quali videomaker o registi ti hanno influenzato?
R.A.K. Nessuno, perchè il video è una continuità del mio modo di fare arte nel campo pittorico.

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E.A. What is your creation process? Does it start from an image, an idea, or from something else?

R.A.K. I start from an idea, that i let grow and then i begin to build the project.

E.A. Are your works influenced by other artistic disciplines, such as music, cinema, painting?

R.A.K. Painting. Definitely.

E.A. Which are the videomakers who have influenced you the most?

R.A.K. I don’t have one in particular, as long as for me making video is like an extension of my way to make art when I paint.


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IGOR BOSNJAK | Contemporary Cemeteries | 2010 | 3’58″

Elena Abbiatici | 21/09/2011

Un video dalle molteplici letture, girato nel 2010 a distanza di quindici anni dalla guerra nell’ Ex Jugoslava, oggetto dell’opera. Il titolo è un ossimoro in sé, accostando la dimensione della contemporaneità alle immagini di cimiteri, luoghi celebrativi della memoria. L’artista affronta la manipolazione prodotta dai mass media, non solo per la deformazione del fatto, ma soprattutto per il silenzio calato sulle 97.000 vittime della guerra in Bosnia Erzegovina, la cui notizia non fu correttamente coperta dagli organi di informazione. I monitor posti sulle tombe – sostituti delle tradizionali fotografie dei defunti – benché accesi, non emettono alcun segnale o solo delle frequenze disturbate, a voler ribadire che l’imprinting tecnologico non è sufficiente a risvegliare l’anestesia delle nostre coscienze. Contemporay Cemeteries mettendo in discussione i mass media, ne denuncia non solo  l’inattendibilità, ma anche il danno e lo sfruttamento che ne consegue. Il vento, il gracchiare dei corvi, il rumore delle automobili che passano, il fastidioso brusio degli schermi concorrono a creare un’atmosfera amara e avvilente.


Leggi la PILLS Intervista ad Igor Bosnjak

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IGOR BOSNJAK Tre domande | Three questions

Elena Abbiatici | 06/09/2011

ITA / ENG (scroll down)

Igor Bosnjak, Contemporary Cemeteries, 2010, 3’58”, videostill.

E.A. Qual è il tuo processo di creazione? Parti da un’immagine o da un’idea? O da altro?

I.B. Il mio approccio è totalmente concettuale (dall’idea alla immagine). Seleziono accuratamente il mezzo migliore per l’idea iniziale cui voglio dar corpo o, ancora meglio, visualizzare. Dopo aver selezionato il medium (fra cui il video) contestualizzo l’idea, raccolgo il background teorico – testi di ricerca, fonti internet – e solo allora posso passare al processo produttivo. La produzione e la qualità dei materiali sono sempre secondari all’idea, pur sempre attenendomi ai minimi standard richiesti da gallerie e musei, come il mini DV o video HD. Qualsiasi lavoro nella sua forma completa, dipenderà in ogni caso dall’effetto che deve suscitare sul pubblico: sovversivo, impegnativo, psicologico…

E.A. Ci sono delle influenze interdisciplinari molto importanti nei tuoi video? Ad esempio la musica, il cinema, la pittura?

I.B. Sono stato molto influenzato da Gilles Deleuze, perché mi sono reso conto che i postulati sulla teoria del film possono essere facilmente applicati all’analisi di  qualsiasi lavoro abbia a che fare con immagini in movimento (film, video, installazione, ambiente, ecc.). La sua terminologia e il suo pensiero mi hanno inoltre aperto la porta ad un mondo di rapporti pratici e teorici con le immagini in movimento, perché Deleuze ha sviluppato una vera e propria filosofia completa sulle immagini in movimento. Nella video-arte recente c’è stato un cambiamento sulla scala dei valori: da ciò che le immagini mostrano a ciò che esse provocano, a come influenzano il corpo e i sensi, ben considerando i conseguenti complessi effetti audio-visivi e tattili.

E.A. Quali videomaker o registi ti hanno influenzato?

I.B. Bill Viola, Patrick Bergeron, Douglas Gordon, David Lynch, Todd Rohall e così via.

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E.A. What is your creation process? Does it start from an image, an idea, or from something else?

I.B. My approach to how I create my art, including video works, is utterly conceptual (from idea to image). I carefully select the best medium for an initial idea I wish to materialise, or better still visualise. After selecting the medium (also if its video), I contextualise the idea, collect theoretical background, research texts, Internet sources, and only then do I move on to the production process. Neither the production nor the quality of the material are the most important, they only come second, although I do try and use minimal standards for galleries and museums, such as mini DV or HD video. Again, the final product, any work in its complete form, will depend on the kind of effect it is meant to have on the audience:  subversive, challenging, psychological…

E.A. Are your works influenced by other artistic disciplines, such as music, cinema, painting?

I.B. I have been greatly influenced by Gilles Deleuze, because I came to realise that all his postulates on the theory of film and moving images may easily be applied in any analysis of any work that has to do with moving pictures (film, video, installation, environment, etc.). Also, his terminology and his thinking opened the door for me into a world of both practical and theoretical dealings with moving images, because Deleuze developed a complete philosophy of moving images. There has been a change in new video art in terms of what is seen as important, from what images show to what they provoke and how they affect the body and senses, resulting in complex audio-visual and haptic effects.

E.A. Which are the videomakers who have influenced you the most?

I.B.  Bill Viola, Patrick Bergeron, Douglas Gordon, David Lynch, Todd Rohall and so on.

Guarda il video di Igor Bosnjak su Screening VIdeoPILLS

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STEFANO LUPATINI | Bloggers | 2010 | 2’10″

Elena Abbiatici | 25/07/2011

Courtesy: the artist

Un foglio bianco, i nomi di svariati bloggers del mondo, una gomma, una mano che con insistenza cerca di annullare ogni nome. Sul foglio, le tracce delle gravi cancellature, a rendere loquace il silenzio imposto ai bloggers, a testimoniarne l’esistenza, contro ogni intenzione d’annullamento ed oblio. Come a dire che se qualcosa è stato i segni del suo passaggio ci saranno sempre. Bloggers è la riflessione sul drammatico potere esercitato dai governi nei confronti della libertà d’espressione e nasce dal costante monitoraggio (da parte dell’artista) del website di Report sans frontiers (http://en.rsf.org/), organizzazione internazionale per la difesa della libertà di stampa e d’informazione, dove si contano i bloggers tenuti in stato di arresto nel mondo oltre a quelli ufficialmente morti (assassinati, forse?). Perché oggi non siamo più disposti a tacere ed accettare inermi e l’intero popolo del web grida le sue urgenze.

Leggi la PILLS Intervista a Stefano Lupatini

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